Avere 40 anni nell’epoca del post-tutto è già complicato di per sé, essere adulti nel 2021 è grottesco. I nati a cavallo tra gli anni 70 e 80 sono indaffarati nel tenersi a galla, schiacciati a nord dai cosidetti baby-boomer e a meridione dai nativi digitali. La maggior parte dei quarantenni di oggi ha la chiara percezione che non andrà mai in pensione, non godrà di nessun diritto previdenziale e dovrà affrontare l’anzianità in modo creativo.  Diventa importante a questo punto ragionare sui termini, la precarietà cambia aspetto e da pura forma di organizzazione lavorativa diventa nodo esistenziale. La fine dei grandi movimenti sindacali novecenteschi ha aperto la strada all'idea del lavoro "agile": fast job, agenzie interinali, esternalizzazione, contratti a progetto sono aspetti diversi dello stesso calderone. Abbiamo quindi una generazione di donne e uomini biologicamente di mezza età ma dall'attitudine punk che non sta accumulando risparmi e certezze né tantomeno contributi previdenziali. In questo contesto dove l'innalzarsi del livello di istruzione non comporta più la certezza di un ritorno economico sembra che i quarantenni si siano però in parte liberati della mania del controllo così peculiare della generazione dei loro genitori. Niente più casetta con giardino, station wagon, tre figli, un cane, seconda casa al mare, villeggiatura a Follonica. Il sogno di riscatto e la bambinesca speranza di quell'Italia post-rurale svaniscono definitivamente. Molti scelgono o si ritrovano a esercitare professioni creative con la scioltezza di chi guarda al presente come unica dimensione possibile. La pandemia e la crisi sistemica nella quale siamo tuttora immersi contribuisce a ridurre ancora di più l'orizzonte della progettualità economica e sentimentale. Come stiamo programmando il nostro futuro? Di cosa vivremo una volta anziani? Nell'impossibilità di formulare una risposta, queste domande hanno perso completamente significato dando vita a una contrazione del tempo.
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